Mondò

Il jujitsu si adatta a chi lo pratica, è vasto tanto quanto lo è il desiderio di  conoscere, sperimentare, ricercare, comprendere e crescere di chi lo intraprende ….. e da lì va oltre.

Per saperne qualcosa di più ecco alcuni spunti di riflessione in stile giapponese con il Mondò


  • Cos’è il jujitsu? Ieri e oggi …..

    Il jujitsu è un arte marziale sviluppatasi in Giappone e che viene tramandata ancora oggi da Maestro (Sensei) a Discepoli (Denshi) attraverso alcune Scuole (Ryu) sviluppatesi durante il periodo medioevale giapponese…. un insegnamento che arriva ai giorni nostri direttamente dal 1400 !! In particolare, la particella ’ju’ della parola jujitsu significa ’cedevole’, mentre ‘jitsu’, più precisamente jutsu, significa ‘arte’. In altri termini si tratta di un’arte di combattimento basata sul principio dell’adattabilità alla situazione, alle caratteristiche ed all’attacco dell’avversario che non viene contrastato con la forza, bensì sfruttato ed utilizzato a suo stesso discapito.  In antichità il jujitsu veniva praticato dai Samurai, la casta dei leggendari guerrieri del medioevo giapponese, ed utilizzato in battaglia. Oggi, pur mantenendo i contenuti marziali è una disciplina orientale che può essere declinata in vari modi, o come attività a carattere sportivo, infatti esistono competizioni sportive di jujitsu a livello mondiale, o come attività alla base dello sviluppo della difesa personale anche in contesti professionali, o come pratica coadiuvante allo sviluppo di una personalità libera ed indipendente armoniosamente integrata in una comunità.  

  • La via del guerriero

    Cosa intendevano gli antichi Samurai con Via del guerriero o bushido?

    Il jujitsu praticato dai Samurai, che raccoglie un insieme di tecniche massimamente efficaci in battaglia sia nel combattimento a mani nude, che con l’utilizzo di armi come spada, coltello e bastone, sottintendeva in antichità necessariamente il suo utilizzo pratico in battaglia. La vita del Samurai era finalizzata allo scontro in battaglia (sento’) e la possibilità di perdere la vita era un dato di fatto quotidiano per questi guerrieri (bushi). Il codice d’onore del Samurai prevedeva che in caso di sconfitta, se non veniva ucciso in battaglia, provvedeva esso stesso a togliersi la vita attraverso il rituale che conosciamo come harakiri o seppuku. La famigliarità quotidiana con la possibilità di essere uccisi spinse questi guerrieri a sviluppare un approccio filosofico alla vita del tutto particolare che, nell’ambito del buddismo, conosciamo oggi come Zen. Il samurai si preoccupava solo di affinare al massimo le sue capacità di guerriero per essere utile alla comunità nella sua funzione ed, in ogni istante, si preoccupava solo di fare massimamente bene ciò che stava facendo, che si trattasse di mansioni di difesa o che stesse passeggiando sotto i ciliegi in fiore godendone la bellezza, senza farsi distogliere dalle preoccupazioni di quanto di negativo sarebbe potuto succedere nell’immediato futuro. L’affinamento di questo approccio alla vita prende il nome di Via del Guerriero o Bushido nella traslitterazione giapponese.

  • unione di Corpo, Mente e Cuore

    Cosa si intende con unione di Corpo, Mente e Cuore ?

    L’unione di corpo, mente e cuore è un concetto fondamentale della Via del Samurai.
    In ogni situazione in cui l’azione del nostro corpo che ad esempio mangia, cammina, scrive o combatte, insieme al nostro pensiero subcosciente, alla nostra intenzione ed alle emozioni sono completamente integrati e focalizzati su uno stesso obiettivo e solo su quello, allora si parla si unione di corpo, mente e cuore. Il pensiero cosciente accetta per quell’istante di lasciare il comando e si unisce all’azione da partner comprimario. Nella pratica del jujitsu l’obiettivo è la finalizzazione di una specifica tecnica e tutti i pensieri, i movimenti o le emozioni parassite ed inutili rispetto all’obiettivo come ad esempio ‘cosa preparo a cena oggi?’, ‘oggi non mi sento molto in forma’, ‘dove devo mettere il piede in questa tecnica?’, ‘non sono all’altezza della situazione’, ‘cavolo che fame che ho’, ‘ho paura!’, ‘ora vi dimostro che sono il più forte di tutti’, ‘che cosa dirà il mio capo al lavoro domani?’ sono state messe a tacere. Tutto il nostro essere è impegnato soltanto nell’eseguire la tecnica di jujitsu ed è in ascolto di tutto quanto avviene intorno per inserirsi nell’attimo giusto affinché la tecnica risulti efficace. Riuscire a raggiungere questo stato di unione di corpo, mente e cuore anche solo per brevi istanti porta benefici che sono paragonabili, se non superiori, a quelli che si possono ottenere attraverso la meditazione, ci aiuta nella salutare pratica del distacco da tutto ciò che è transitorio e ci apre la strada verso lo Zen.  

  • La pratica

    Come si pratica il jujitsu?

    Il jujitsu è un’arte marziale di contatto e come tutte le arti marziali presenta situazioni fuori dall’ordinario, dinamiche, complesse e con un potenziale di rischio intrinseco inevitabile. Per questo richiede attenzione e concentrazione durante la pratica. Il jujitsu si pratica nel Dojo che tradotto è ‘il luogo in cui si educa il corpo e la mente’ insieme ai compagni di pratica ed all’insegnante, e con in mente l’insegnamento del Fondatore che appare solitamente in una foto appesa ad una parete detta angolo dei Kami o Spirti Guida. Il jujitsu non può essere sviluppato individualmente e la comunità che forma il Dojo è tutta insieme ciò che qualifica anche l’esperienza individuale. Lo studio delle tecniche prevede sempre due soggetti, uno detto Tori e l’altro detto Uke. In una sintesi superficiale, Tori esegue la tecnica su Uke. Ovviamente ciascun praticante gioca alternativamente entrambi i ruoli. Più propriamente, Uke consente a Tori di studiare l’esecuzione della tecnica nelle migliori condizioni possibili, ovvero senza aiutarlo artificiosamente né ostacolarlo. Il ruolo di Uke è di fatto cruciale per permettere al compagno di migliorare la sua tecnica e per questo motivo il progresso individuale è sempre il risultato del progresso complessivo di tutto il Dojo. Come per le tecniche di attacco o contrattacco eseguite nel ruolo di Tori, anche il ruolo di Uke prevede lo studio di tecniche specifiche di salvaguardia, in particolare le ukemi di complessità paragonabile alle tecniche di attacco, e necessarie a garantire l’incolumità fisica durante la pratica.

    L’insegnante è garante, in particolare, del rispetto dell’integrità fisica dei praticanti e del rispetto del corretto contenuto e dei principi dell’arte marziale. Aiuterà i praticanti a sperimentare la giusta gradualità nell’arrivare a padroneggiare le tecniche di jujitsu. I praticanti stessi, per ciò che gli compete, dovranno essere garanti dell’incolumità dei compagni di pratica ed aiutarli a migliorare. In particolare, poiché le classi di jujitsu non sono differenziate per anzianità di esperienza, si troveranno nello stesso dojo praticanti esperti e principianti. Il livello di esperienza del praticante è indicato nel colore della cintura che indossa ed indica, in particolare, il livello di conoscenza delle tecniche di protezione. Occorre quindi rispettare sempre il colore della cintura di chi ci sta davanti non andando mai oltre a quelle che sono le possibilità tecniche del nostro compagno in quel momento. Occorre inoltre tenere sempre conto della condizione atletica del nostro compagno per non portarlo in una condizione di eccessivo stress fisico.

    La regole che sono alla base della pratica del jujitsu  e che occorre avere mente quando si entra nel Dojo sono quindi:

    Rispetto per l’insegnante
    Rispetto per i compagni di pratica
    Rispetto per i principi dell’arte marziale espressi dal suo Fondatore

  • I valori umani

    Quali valori umani possiamo sviluppare ancora oggi attraverso una pratica che arriva dagli antichi Samurai?

    Uno dei concetti che la vita dei Samurai incarnava era il continuo miglioramento delle proprie capacità fisiche e mentali per essere massimamente utili alla comunità in cui vivevano. La loro gratificazione e realizzazione veniva nell’essere arrivati a padroneggiare la tecnica magistrale e la loro integrità morale stava nell’utilizzarla in combattimento senza preoccuparsi di salvare necessariamente la loro vita o di ottenere premi ed onorificenze.
    Anche oggi impegnarsi nella pratica del jujitsu può aiutare ognuno di noi a migliorare il proprio stato fisico e mentale e, seguendo l’approccio tradizionale che non ricerca premi, vittorie, medaglie o denaro quali stimoli a progredire, promuovere questa attitudine come stile di vita anche in altri campi, con l’unica finalità di affrontare al meglio il nostro destino personale ed il ruolo che ricopriamo all’interno della comunità umana a cui apparteniamo.

Scuola di Jujitsu tradizionale e difesa personale via Carlo Carli 56 Bologna